In un vecchio palazzo nel centro storico della città, a due passi dal punto caldo di musica e locali, a due passi dai luoghi di riunione del popolo della notte, si trova l’appartamento dove Jacopo vive in affitto da più di un anno.
Entrando dal portoncino verde ti trovi in un piccolo androne: a sinistra scale di marmo, smussato da chissà quanti piedi, portano agli appartamenti ai piani superiori, tra cui quello del nostro.
Di fronte, ad una decina di passi, l’androne si apre in un piccolo cortile verde di edera e muschio, su cui si affacciano le finestre quadrate e i balconi degli appartamenti.
Quel cortile lo chiamano “il regno dei gatti”, per lo spropositato numero di felini che vi fanno tappa durante il giorno e la notte.
L’appartamento in cui abita insieme all’amico Martino è un semplice appartamento da universitari.
La sua camera invece è una specie di tana, un posto sicuro dove rifugiarsi quando il mondo diventa troppo cattivo. Adesso è illuminata dall’arancione del sole morente.
Le pareti le ha ripitturate personalmente, in tonalità di rosso, arancione e giallo.
Atmosfera dai colori caldi per scacciare pensieri freddi.
Dai poster alle pareti si affacciano volti più o meno conosciuti: la faccia sorridente di Brad Pitt e quella scazzata di Edward Norton, nella locandina di Fight Club; una tostissima Uma Thurman ammicca dal poster di Pulp Fiction; il magrissimo Jim Morrison osserva silenzioso, a braccia aperte, con quello sguardo fisso e un po’ assente.
Quelli sono i suoi santini, per così dire.
Sulla scrivania di legno c’è un computer portatile, tanti CD abbandonati alla rinfusa e tre tazze di caffè dimenticate lì da giorni.
Ad una parete c’è un’enorme libreria, zeppa straripante di libri & fumetti, bottiglie e lattine vuote di birra, altri cd, alcuni dvd e tante altre cazzatine, regali di chissà chi o ricordi di chissà cosa.
Una decina di candele sono sparse qua e là. Con la loro luce morbida lo aiutano a scacciare pensieri spigolosi.
Salite le scale di marmo smussato, varcata la soglia del semplice appartamento da universitari, Jacopo è a casa. Appende al muro la borsa a tracolla e la giacca e lancia un grido di saluto in direzione della cucina, da dove Martino risponde sovrastando il suono della televisione accesa.
Si dirige subito verso la sua stanza e si chiude la porta alle spalle. Accende il portatile, e lascia che il fido programma scelga per lui le canzoni da ascoltare.
Lascia il volume a metà, né troppo alto né troppo basso, e si abbandona sul suo trono, una grossa poltrona bassa e morbida.
Seduto alla Dylan Dog, chiude un attimino gli occhi, quasi a voler fissare meglio la giornata nella memoria, per poi dedicarsi ad altro, con la testa finalmente libera.
Non passano neanche due minuti che dalla porta proviene un legnoso “toc toc”. Bussano.
«Avanti.» dice Jacopo senza neanche aprire gli occhi.
«E allooooraaa..!» urla Martino lanciandosi verso la poltrona e quindi su Jacopo con una mossa degna di un lottatore di wrestling.
«Ugh!»
Martino sorride alla smorfia del nostro e gli passa un braccio intorno al collo.
Poi comincia col terzo grado.
«E allora! Da quando in qua è la norma svegliare un amico che dorme beatamente per degli insignificanti appunti e perdipiù senza dare spiegazioni!? E oggi? Dove sei sparito oggi pomeriggio? E’ anche passato Ale a cercarti, lo sai? Qui c’è qualcosa dietro, caro mio. Oh sì! Avanti, sputa il rospo: per chi erano gli appunti?»
«Ma niente...ho conosciuto una tipa» risponde il nostro.
«Ma và! Ti si legge in faccia che c’è di mezzo una donna. E com’è com’è?» chiede Martino tutto interessato.
«E’ una…niente di che» risponde Jacopo volutamente vago, che sa dove vuole andare a parare il buon Martino. A parlare di donne con lui ci si riduce sempre a parlare di vagine bollenti, culi scolpiti e altre situazioni pseudopornoimmaginografiche.
Ovvero, che tu lo voglia o no, ti trovi ad immaginare veri e propri film porno in cui i protagonisti e -soprattutto- le protagoniste sono persone con cui hai parlato dieci minuti prima. Meglio non dare subito Aurora in pasto allo squalo. Meglio restare sul vago.
Il problema è che lo squalo ormai ha capito tutto.
«Aah, vuoi fare il vago con me?» dice risoluto, e aggiunge «So io come farti parlare!» con lo sguardo che gli luccica.
Si ficca una mano nella tasca dei jeans e sorridendo ne tira fuori un piccolo involucro di carta d’alluminio. E Jacopo, capendo immediatamente di che si tratta, sa già che parlerà. Oh se parlerà. Lo squalo avrà la sua preda!
«Un regalino di Ale! Che a proposito, ti manda a salutare. Ora tira fuori una cartina da quella bolgia di libreria e fammi un filtro» dice Martino, mentre si china a sminuzzare con le dita l’erba verde e odorosa.
…dieci minuti dopo…
I due se ne stanno distesi sul letto di Jacopo a guardare il soffitto come se fosse la volta celeste.
«Ha i capelli castani, lisci. E la pelle scura» dice Jacopo sognante, mentre fotografie di Aurora vengono proiettate sulla parete frontale del suo cranio.
«Poi?» lo esorta Martino.
«E poi ha delle belle labbra…» continua il nostro, chiedendosi che sapore avranno.
«Uuuh…chissà se è brava a…» dice Martino, dando un tiro alla canna.
«…e un sorriso incredibile.» lo interrompe Jacopo prima che Martino possa andare oltre.
«E ha gli occhi da gatta, azzurri! E un naso perfetto..!» dice.
«Tu sei sempre stato fissato col naso…perché poi…» dice Martino quasi pensando ad alta voce.
«E’ il centro del viso, è chiaro. Domina su tutto il resto. E’ chiaro che ci faccio caso: è là, al centro…» dice il nostro disegnando nell’aria un viso e un naso con gesti lenti delle mani.
«Ma vuoi mettere una che ha un un bel culo con una che ha un bel naso?!?»
«Quanto sei materialista!E comunque è ovvio che ha anche un bel culo! Per chi mi hai preso? Per uno che sveglia gli amici e smercia appunti per niente?!?» si infervora Jacopo, togliendogli la canna di mano.
«Ah, non ho dubitato un solo attimo del tuo buon gusto…» risponde Martino grattandosi lentamente un occhio con la mano appena liberata. Aveva dimenticato di averne un’altra, abbandonata sulla pancia.
«Eh beh...» dice solo il nostro, tirando dalla canna l’ultimo tiro e spegnendola nel posacenere sul comodino.
Un ultimo gesto, prima del silenzio.
Due minuti di assoluta quiete, fatti di pensieri che sbocciano uno dietro l’altro nelle teste dei nostri eroi.
«In definitiva… questa te la dà o no?» dice Martino rompendo all’improvviso il silenzio, girando la testa verso Jacopo.
«Non credo!» risponde Jacopo, iniziando a ridere come un pazzo, seguito a ruota da Martino.
Continua >>