Mi muovo nel buio di una notte senza luna. Le strade sono cupe e tenebrose, costellate dalle sagome grigio su nero delle automobili, abbandonate così come i conducenti le hanno lasciate: alcune al centro della strada, altre per metà sui marciapiedi.
I lampioni ai lati delle strade sono spenti. L’energia elettrica ha smesso di scorrere nello stesso momento in cui coloro che si occupavano delle centrali hanno smesso di occuparsene, o più probabilmente, sono morti. Da allora regna su di noi un’oscurità che la nostra generazione non aveva mai conosciuto.
Beh, nessuno può biasimarci per questo. Avevamo sempre avuto tutto a portata di mano. Acqua imbottigliata. Cibo precotto e imbustato. Abiti cuciti, lavati e stirati per noi da altri. Bastava premere un interruttore e avevi tutta la luce che volevi senza alcuno sforzo.
Avevamo tutto, ed erano tutte cose scontate come respirare. Le avevamo avute dal primo dei nostri giorni e le sottovalutavamo. Finchè non vennero meno.
Era il 2006 quando iniziò la fine. Terzo conflitto mondiale.
Contrariamente a quanto ci aspettavamo in quegli anni, la causa del conflitto non fù il contrasto tra musulmani ed ebrei, ma una guerra civile tutta americana.
Ma andiamo con ordine.
In seguito agli attentati dell’11 settembre 2001, il governo americano propose ed approvò l’USA PATRIOT Act. Si preferì la sicurezza e il maggior controllo a discapito dei diritti dei cittadini, della privacy e della libertà d’espressione.
All’inizio il governo aveva la possibilità di effettuare intercettazioni telefoniche, l'accesso a informazioni personali e il prelevamento delle impronte digitali nelle biblioteche. Ma noi eravamo troppo pigri per preoccuparcene. Troppo presi dal tram tram delle nostre vite quotidiane, da altri inutili problemi.
Nel 2006 la situazione si aggravò: vennero sventati nuovi attentati e l’applicazione dell’USA PATRIOT Act venne inasprita.
I servizi segreti non avevano mai avuto tanto potere. In tutta l’america il governo compiva arresti in seguito a perquisizioni ed intercettazioni telefoniche. Gli esperti di informatica tornarono a parlare di Echelon, il presunto sistema satellitare per intercettare i dati inviati su internet, e-mail comprese.
Quando la gente vide i propri cari arrestati finalmente si rese conto di cosa stava accadendo: iniziarono a crearsi vere e proprie rivoluzioni su piccola scala.
I telegiornali non parlavano d’altro: rivoltosi arrestati. Attentato terroristico sventato. Il presidente invita i cittadini alla calma.
Ma la situazione andò peggiorando, e la gente dovette decidere se rimanere nelle città e perdere gran parte dei propri diritti civili con la scusa della sicurezza o lasciare le città per aree rurali più isolate.
Nel giro di sei mesi la situazione precipitò: fù la guerra civile.
Il governo riuscì ad assicurarsi il controllo delle città, ma non delle campagne, che divennerò così punto di ritrovo per chi teneva ancora alla propria libertà, e per quella era disposto a morire.
La guerra civile ebbe fine nel 2015, quando la Russia lanciò bombe atomiche sulle principali città statunitensi, eliminando il governo federale e assicurando perciò la vittoria alle forze rurali.
Per rappresaglia, la maggior parte delle aree urbane del mondo furono bombardate. Europa e Africa furono quelle più colpite e in una notte milioni di persone morirono all’unisono, carbonizzate dalla fiamma purificatrice della nostra era.
La civiltà come la conoscevamo scomparve proprio quella notte, e in breve tempo arrivammo a questo.
Stringo più forte il fucile che tengo nella mano destra. I miei compagni camminano dietro di me, silenziosi come ombre. Non li vedo, ma so che ci sono.
Avanziamo quatti, circospetti, tutti armati fino ai denti. Ci muoviamo come gatti da una parte all’altra della strada seguendo le sagome delle macchine incustodite e fuori uso, finchè non vediamo in lontananza un bagliore di fiamme, sulla destra della strada.
Mi lego i capelli, per evitare che mi vadano davanti agli occhi, imbraccio il fucile e lo stringo tanto forte che le nocche sbiancano. Prima ancora della volontà stessa di continuare a vivere, è il fucile che mi permette di andare avanti in un mondo in cui ogni briciolo di umanità sta rapidamente svanendo.
Avvicino l’occhio al mirino telescopico e lo punto verso il lontano bagliore di fuochi.
Nel tondo del mirino li vedo, vaghi e sfocati finchè non metto a fuoco: sono una decina, raccolti intorno ad un grosso fuoco, tutti armati. Fucili da caccia, pistole, coltelli. Uno si trascina dietro addirittura un’ascia da pompiere.
È una vecchia stazione di rifornimento. Tra poco la assalteremo, uccidendo chiunque ci sbarri la strada.
Dopo la guerra, tutti i beni di prima necessità sono diventati oggetto di contesa.
Tra questi c’è la benzina. Serve per i mezzi di trasporto e per i generatori di energia elettrica. È più importante di una vita umana, così importante che per averla una volta pagavamo qualsiasi prezzo. Adesso per qualche litro di benzina ci spariamo addosso.
Un movimento ai bordi del mirino mi fa puntare più in alto, verso il palazzo adiacente alla stazione di rifornimento. La costruzione in cemento sovrasta la zona dall’alto dei suoi tre piani. Le finestre senza vetri hanno l’aspetto di cavità oculari vuote e quadrate. Da queste si intravede un po’ di movimento, segno che queste persone hanno occupato il palazzo, facendone la loro roccaforte. Questo vuol dire anche che la decina vicino alle pompe è solo una parte del gruppo che risiede lì.
Persone che una volta erano avvocati, operai, meccanici, disoccupati. Tra poco li uccideremo. Il ragazzo che stava alla cassa di un supermercato. Deve morire: è la legge del più forte. L’uomo di mezz’età che aspettava in fila dietro di tè, con un cartone del latte tra le braccia. Potrebbe essere lui a piantarti una pallottola nella nuca e liberarti da questo schifo.
E pensare che una volta ero un bravo ragazzo. Avevo una ragazza e la mia unica preoccupazione era cosa fare della mia vita.
Ma non è poi così strano.
Venimmo al mondo come cacciatori.
E dopo la società dello shopping, in cui non avevamo niente per cui lottare e niente per cui morire.
Dopo la società in cui l’umanità veniva plasmata dalla moda e dagli stilisti.
Dopo tutto questo, siamo ancora qui, e abbiamo qualcosa per cui lottare: le nostre vite.
Nonostante tutto, siamo di nuovo cacciatori.
(liberamente ispirato al futuro descritto da John Titor)
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4 commenti:
Questo è un breve racconto autoconclusivo rimasto in cantiere per molto tempo.
All'inizio volevo scrivere un racconto dal sapore apocalittico (un genere, se così si può chiamare, che io adoro. Sulla falsariga de "Il giorno dei Trifidi" e "Il regno del sangue", tanto per citarne due). In seguito ho letto l'articolo su John Titor su wikipedia...ed il resto è venuto da solo... :)
Come sempre, sono graditi i commenti!
Bello, affascinante cupo come e quanto la realtà.
Ho avuto davvero la sensazione che tutto era successo... e visto l'andazzo non è ancora detto che non accadrà!
Ancora complimenti Sempai.
E' sempre piacevole leggere i tuoi post.
Un saluto.
*S*
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