lunedì, dicembre 04, 2006

Capoeira é defesa, ataque, a ginga do corpo e a malandragem!

A mio parere uno dei più bei video sulla Capoeira!

martedì, novembre 21, 2006

Una cosa che ho sempre amato sono le sfumature. Di colore e non.
Ultimamente però -da un bel pezzo, penseranno gli aficionados- sono più orientato per il bianco e nero. Tipo vecchie bobine, no? Film davvero vecchi. Della serie che neanche riesci ad immaginarle quelle scene a colori, nè i colori in sè.
Anche se -cosa non di poco conto- sei sicuro che ci sono stati.
C'erano, ti dici. E sembravano vividissimi.
Adesso invece, annego tra le ombre di palazzi. Squallido cemento quadrato. Sembrano prigioni. Forse lo sono davvero.
Vorrei abbatterle con mani da titano. Stritolarli tra le dita e polverizzarli sotto i miei piedi.
Per restare così il più imponente e libero di tutti.
Dipingendo poi, con pennelli degni di un dio, nuovi paesaggi.
A colori.

venerdì, novembre 10, 2006

martedì, ottobre 03, 2006

(Strafottute) Albe Meccaniche

Ho fatto nei miei giorni cose discutibili
E sotto pelle porto segni indelebili
Ho famigliarizzato con le mie oscurità
E patteggiato sul dolore una stabilità

E ciò che può capitarti
Quando rimani a guardarti
Allineare risvegli dentro albe meccaniche

Ho affondato i denti a puro scopo diagnostico
Per ritrovare in fondo solo cenere e costole

E ciò che può capitarti
Quando rimani a guardarti
Allineare i risvegli dentro albe meccaniche

Nell'amara litania delle solite cose ci si può morire sai
Nel conforto eutanasia delle solite cose ci si può finire….finire
Nell'amara litania delle solite cose ci si può morire sai
Nel conforto eutansia delle solite cose ci si può finire…finire

Ho infilato il cappio alle mie notti più lugubri
Ma ho visto negli specchi evaporare le immagini
E diventare vecchio ciò che un tempo era giovane

E ciò che può capitarti
Quando rimani a guardarti
Allineare i risvegli dentro albe meccaniche

Nell'amara litania delle solite cose ci si può morire sai
Nel conforto eutanasia delle solite cose ci si può finire…..finire
Nell'amara litania delle solite cose ci si può morire sai
Nel confotrto eutanasia delle solite coseci si può finire…..finire

Dentro albe meccaniche
Dentro albe meccaniche

sabato, settembre 23, 2006

C'è qualcosa che si atrofizza, in me. Qualcosa che senza stimoli muore ogni giorno di più. Che rantola e chiede aiuto ma finisce per soffocare nel suo stesso sangue.
Anche il cuore batte sconnesso. Non ha ritmo, solo un'abitudine a continuare senza sapere perchè, fino al giorno in cui sarà troppo stanco.
Mi sento teso. E non so se sto scrivendo per liberare me stesso o per imbrigliare voi e farvi sapere che ci sono, che penso.
Cosa c'è di sbagliato?
Dov'è l'errore?
Forse è perchè urlo solo dove nessuno può sentirmi, perchè osservo solo quando nessuno può vedermi.

Il cuore batte sconnesso, ma va bene.
Batte, e l'importante è questo.
Tiro avanti.
Mi manterrò vivo per godere di tempi migliori.

giovedì, settembre 07, 2006

Marta sui Tubi - Post

Dimmi dimmi dimmi
Com’è stato masturbarti col mio pene?
Come per me una sega tra le tue gambe?
Si conosco questa solitudine
E gli esercizi di eleganza delle nostre articolazioni
Serve si serve l’afa di una notte nuda
Per far evaporare la noia attraverso una sigaretta
Che non si spegne mai non si spegne mai..
È alta sartoria in questi ricami imbastendo strati su strati di necessità
Io non ho sentimenti, solo sensazioni
Io non ho sentimenti, solo sensazioni
Io non ho sentimenti, solo sensazioni
Io non ho sentimenti, solo sensazioni
E molle sotto i piedi di una improvvisazione
Ghiri gori per riempire la tela avanzata ad un bravo pittore
Domande per rispondere a domande senza risposta
Bugie decise indossate con tanta grazia da
non farmi sembrare nudo
Io non ho sentimenti, solo sensazioni
Io non ho sentimenti, solo sensazioni
Io non ho sentimenti, solo sensazioni
Io non ho sentimenti, solo sensazioni
Io non ho sentimenti, solo situazioni
Io non ho sentimenti, solo situazioni

mercoledì, settembre 06, 2006

E se fra voi c'è qualcuno che si sente abbastanza matto da voler diventare scrittore, gli consiglio và avanti, sputa in un occhio al sole, schiaccia quei tasti, è la migliore pazzia che possa esserci, i secoli chiedono aiuto, la specie aspira spasmodicamente alla luce, all'azzardo e alle risate. Regalateglieli. Ci sono abbastanza parole per noi tutti.

Charles Bukowski

lunedì, settembre 04, 2006

Ho inserito un "Radio Blog", un piccolo player con cui potrete sentire alcune delle mie canzoni preferite mentre navigate sul blog.
Buon ascolto!

sabato, agosto 26, 2006

Aurora Smoking

Ecco uno delle mie ultime creazioni: l'attrice Shannyn Sossamon (sbav sbav) sullo sfondo del chiostro del monastero dei Benedettini di Catania..!
Questa scena si rifà un po' a "Vita d'altri"...come lasciava intuire il titolo.

martedì, agosto 22, 2006

Una prima piccola chicca per pochi eletti...il video di "Schism" dei Tool, gruppo che ultimamente fà da colonna sonora alla mia vita.
Se ve lo state chiedendo...sì, sono pazzi.

venerdì, agosto 18, 2006

Ma cos'è questa insofferenza, questo nervosismo, quest'insicurezza? Ho di nuovo 17 anni?
Mi sento un'ALiEnO, ecco come mi sento. Alienato. Sintonizzato su frequenze troppo diverse, troppo alte o troppo basse. Qua siete tutti strani o sono io che sono andato, che sto impazzendo?
La normalità qual'è? Dov'è sta normalità che tutti vanno vantando?? Ma chi ce l'ha? Io no di sicuro.

domenica, agosto 13, 2006

Vita d'altri / Quinto

In un vecchio palazzo nel centro storico della città, a due passi dal punto caldo di musica e locali, a due passi dai luoghi di riunione del popolo della notte, si trova l’appartamento dove Jacopo vive in affitto da più di un anno.
Entrando dal portoncino verde ti trovi in un piccolo androne: a sinistra scale di marmo, smussato da chissà quanti piedi, portano agli appartamenti ai piani superiori, tra cui quello del nostro.
Di fronte, ad una decina di passi, l’androne si apre in un piccolo cortile verde di edera e muschio, su cui si affacciano le finestre quadrate e i balconi degli appartamenti.
Quel cortile lo chiamano “il regno dei gatti”, per lo spropositato numero di felini che vi fanno tappa durante il giorno e la notte.
L’appartamento in cui abita insieme all’amico Martino è un semplice appartamento da universitari.
La sua camera invece è una specie di tana, un posto sicuro dove rifugiarsi quando il mondo diventa troppo cattivo. Adesso è illuminata dall’arancione del sole morente.
Le pareti le ha ripitturate personalmente, in tonalità di rosso, arancione e giallo.
Atmosfera dai colori caldi per scacciare pensieri freddi.
Dai poster alle pareti si affacciano volti più o meno conosciuti: la faccia sorridente di Brad Pitt e quella scazzata di Edward Norton, nella locandina di Fight Club; una tostissima Uma Thurman ammicca dal poster di Pulp Fiction; il magrissimo Jim Morrison osserva silenzioso, a braccia aperte, con quello sguardo fisso e un po’ assente.
Quelli sono i suoi santini, per così dire.
Sulla scrivania di legno c’è un computer portatile, tanti CD abbandonati alla rinfusa e tre tazze di caffè dimenticate lì da giorni.
Ad una parete c’è un’enorme libreria, zeppa straripante di libri & fumetti, bottiglie e lattine vuote di birra, altri cd, alcuni dvd e tante altre cazzatine, regali di chissà chi o ricordi di chissà cosa.
Una decina di candele sono sparse qua e là. Con la loro luce morbida lo aiutano a scacciare pensieri spigolosi.

Salite le scale di marmo smussato, varcata la soglia del semplice appartamento da universitari, Jacopo è a casa. Appende al muro la borsa a tracolla e la giacca e lancia un grido di saluto in direzione della cucina, da dove Martino risponde sovrastando il suono della televisione accesa.
Si dirige subito verso la sua stanza e si chiude la porta alle spalle. Accende il portatile, e lascia che il fido programma scelga per lui le canzoni da ascoltare.
Lascia il volume a metà, né troppo alto né troppo basso, e si abbandona sul suo trono, una grossa poltrona bassa e morbida.
Seduto alla Dylan Dog, chiude un attimino gli occhi, quasi a voler fissare meglio la giornata nella memoria, per poi dedicarsi ad altro, con la testa finalmente libera.

Non passano neanche due minuti che dalla porta proviene un legnoso “toc toc”. Bussano.
«Avanti.» dice Jacopo senza neanche aprire gli occhi.
«E allooooraaa..!» urla Martino lanciandosi verso la poltrona e quindi su Jacopo con una mossa degna di un lottatore di wrestling.
«Ugh!»
Martino sorride alla smorfia del nostro e gli passa un braccio intorno al collo.
Poi comincia col terzo grado.
«E allora! Da quando in qua è la norma svegliare un amico che dorme beatamente per degli insignificanti appunti e perdipiù senza dare spiegazioni!? E oggi? Dove sei sparito oggi pomeriggio? E’ anche passato Ale a cercarti, lo sai? Qui c’è qualcosa dietro, caro mio. Oh sì! Avanti, sputa il rospo: per chi erano gli appunti?»
«Ma niente...ho conosciuto una tipa» risponde il nostro.
«Ma và! Ti si legge in faccia che c’è di mezzo una donna. E com’è com’è?» chiede Martino tutto interessato.
«E’ una…niente di che» risponde Jacopo volutamente vago, che sa dove vuole andare a parare il buon Martino. A parlare di donne con lui ci si riduce sempre a parlare di vagine bollenti, culi scolpiti e altre situazioni pseudopornoimmaginografiche.
Ovvero, che tu lo voglia o no, ti trovi ad immaginare veri e propri film porno in cui i protagonisti e -soprattutto- le protagoniste sono persone con cui hai parlato dieci minuti prima. Meglio non dare subito Aurora in pasto allo squalo. Meglio restare sul vago.
Il problema è che lo squalo ormai ha capito tutto.
«Aah, vuoi fare il vago con me?» dice risoluto, e aggiunge «So io come farti parlare!» con lo sguardo che gli luccica.
Si ficca una mano nella tasca dei jeans e sorridendo ne tira fuori un piccolo involucro di carta d’alluminio. E Jacopo, capendo immediatamente di che si tratta, sa già che parlerà. Oh se parlerà. Lo squalo avrà la sua preda!
«Un regalino di Ale! Che a proposito, ti manda a salutare. Ora tira fuori una cartina da quella bolgia di libreria e fammi un filtro» dice Martino, mentre si china a sminuzzare con le dita l’erba verde e odorosa.
…dieci minuti dopo…
I due se ne stanno distesi sul letto di Jacopo a guardare il soffitto come se fosse la volta celeste.
«Ha i capelli castani, lisci. E la pelle scura» dice Jacopo sognante, mentre fotografie di Aurora vengono proiettate sulla parete frontale del suo cranio.
«Poi?» lo esorta Martino.
«E poi ha delle belle labbra…» continua il nostro, chiedendosi che sapore avranno.
«Uuuh…chissà se è brava a…» dice Martino, dando un tiro alla canna.
«…e un sorriso incredibile.» lo interrompe Jacopo prima che Martino possa andare oltre.
«E ha gli occhi da gatta, azzurri! E un naso perfetto..!» dice.
«Tu sei sempre stato fissato col naso…perché poi…» dice Martino quasi pensando ad alta voce.
«E’ il centro del viso, è chiaro. Domina su tutto il resto. E’ chiaro che ci faccio caso: è là, al centro…» dice il nostro disegnando nell’aria un viso e un naso con gesti lenti delle mani.
«Ma vuoi mettere una che ha un un bel culo con una che ha un bel naso?!?»
«Quanto sei materialista!E comunque è ovvio che ha anche un bel culo! Per chi mi hai preso? Per uno che sveglia gli amici e smercia appunti per niente?!?» si infervora Jacopo, togliendogli la canna di mano.
«Ah, non ho dubitato un solo attimo del tuo buon gusto…» risponde Martino grattandosi lentamente un occhio con la mano appena liberata. Aveva dimenticato di averne un’altra, abbandonata sulla pancia.
«Eh beh...» dice solo il nostro, tirando dalla canna l’ultimo tiro e spegnendola nel posacenere sul comodino.
Un ultimo gesto, prima del silenzio.
Due minuti di assoluta quiete, fatti di pensieri che sbocciano uno dietro l’altro nelle teste dei nostri eroi.
«In definitiva… questa te la dà o no?» dice Martino rompendo all’improvviso il silenzio, girando la testa verso Jacopo.
«Non credo!» risponde Jacopo, iniziando a ridere come un pazzo, seguito a ruota da Martino.

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lunedì, agosto 07, 2006

Ieri sera ho assistito ad una scena che mi ha schifato e lasciato a bocca aperta.
Eravamo in centro, seduti sul marciapiede di fronte al solito locale. Accanto a me due ragazze mie amiche.
Intorno a noi, già da un po' avevo notato un pugno di teste rasate anche troppo vicine al nostro gruppetto. Li tenevo d'occhio, perchè francamente le teste di cazzo della loro risma mi infastidiscono. Non ci mettono niente a creare problemi, così su due piedi.
Neanche due minuti dopo, come avevo previsto, assisto alla seguente scenetta. Proprio davanti ai miei occhi.
Un mio amico, Manu, stava tranquillamente passeggiando quando uno di questi coglioni gli si para davanti con espressione di sfida, sbarrandogli il passo. Manu, un po' perplesso, lo guarda come per dire "eh ok, ora che vuoi..?". E quest'idiota sempre parato davanti a lui, con la sua birra in mano e quell'espressione stampata in faccia, che parli con lui era Benito Mussolini.
Ad un certo punto il panico: il fascio afferra il ciondolo che Manu porta al collo e glielo strappa via con una botta secca piena di disprezzo. Io e le ragazze accanto a me a bocca aperta. Per un attimo penso di alzarmi, ma il pensiero di una bottigliata in testa mi fa restare seduto. Manu ha un'espressione del tutto pacifica mentre il fascio di merda torna dai suoi amici sbandierando il trofeo appena conquistato con la prode bravata. Ovvero prendendosela con uno che è la metà di te e che non ha nessuna intenzione di scatenare una rissa. Con una persona che non farebbe male ad una mosca.

Bravo!
Tu sì che hai basato la tua vita su grandi ideali!
Tu sì che appartieni di sicuro ad una razza superiore..!


giovedì, luglio 13, 2006

Lentamente

Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, il colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce. Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante. Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare. Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.

Pablo Neruda

mercoledì, aprile 19, 2006

Vita d'altri / Quarto

Aurora è andata via da qualche minuto e Jacopo rimane da solo nel cortile/oasi di pace.
Si accende una paglia e osserva rapito le nuvole in alto, tinte di rosa e arancio dal sole che tramonta.
Ripensa ad Aurora e alla chiaccherata che hanno fatto. E più ci pensa, più si convince che Aurora gli piace davvero. Era da tanto che non si trovava così bene con una ragazza. Era da tanto che non sentiva quella specie di ansia dentro, all’altezza dello stomaco. E ride a pensarci.
Aurora lo rende felice, ma allo stesso tempo lo spaventa, se ripensa a tutte le sue storie passate. A quante volte ha sofferto per colpa delle donne. A quante situazioni impossibili ha vissuto per colpa dell’assurdo cosmico che è il gentil sesso.

A parte le stupide storielle da una sera e via, le ragazze di passaggio e gli intrippamenti che andavano e venivano, il nostro aveva avuto due storie più importanti delle altre.
La tipa numero uno si chiamava Francesca. Jacopo aveva appena diciotto anni, lei un anno meno. Si erano conosciuti a scuola, e parla e riparla, un sabato sera il nostro sbarbo si era trovato in bocca la lingua della suddetta tipa.
Insomma, sapete come vanno queste cose.
Erano stati insieme nove mesi o giù di lì. Nove mesi passati tra uscite con ritorno entro l’una, la gelosia angosciante di lei e una Gibson Les Paul che il padre di Francesca si era trascinato dietro direttamente dagli anni settanta.
Giuseppe, infatti, era un sessantottino che invecchiando non aveva perso il suo smalto. Uno di quelli che a vent’anni sogna di diventare una rock star e poi finisce a fare l’impiegato con una famiglia da mantenere.
Strano a dirsi, considerando la gelosia omicida nei confronti delle figlie femmine che caratterizza la figura del padre da migliaia di anni a questa parte, ma Jacopo e Giuseppe andavano d’amore e d’accordo.
Il nostro ci si trovava benissimo e gran parte delle sue conoscenze musicali sugli anni settanta le deve a lui e -ovviamente- a Francesca, degna figlia di suo padre: più che una ragazza era un intero vinile dei Led Zeppelin!
In effetti ancora oggi Jacopo si chiede se amasse Francesca, il padre o la Gibson Les Paul.
Comunque sia, alla fine con Francesca finì: non si lasciarono benissimo, ma si lasciarono di comune accordo.
Lui la amava -o credeva di amarla- ma odiava la sua gelosia soffocante. Allo stesso tempo lei amava lui -o credeva di amarlo- ma di Jacopo odiava la libertà che a lei non era concessa. Il saperlo in giro alle tre di notte, a vagabondare con gli amici, la rendeva folle.
E così dopo un litigio più violento, feroce e sanguinoso degli altri, la cosa finì.
Nove mesi buttati nel cesso. La sua prima grossa delusione.
E così ricominciò di nuovo quel circolo che già conosceva: qualche storia senza troppe pretese, qualche ragazza conosciuta al pub, qualche intrippamento pesante ma passeggero.
Quando finalmente, dopo un periodo che al nostro era parso infinito, era arrivata la tipa numero due.

La tipa numero due si chiamava Claudia e aveva giocato a squash col suo cuore.
Avete presente no? Strappi il cuore dal petto di una persona e mentre ancora gronda sangue cominci a giocarci a squash, facendolo rimbalzare tra pavimento e muro, tra pavimento e muro e così via. Finchè tutta la parete è imbrattata di sangue.
La coetanea ventun’enne Claudia l’aveva conosciuta grazie ad Alessandro, il cantante del gruppo in cui il nostro suonava la chitarra a quei tempi.
Alessandro e Jacopo non erano esattamente amici. A volerla dire tutta Alessandro era il tipico stronzetto arrogante e un po’ testa di cazzo. Uno di quelli che deve avere sempre ragione, anche se ha torto marcio.
E Jacopo, nonostante sia la persona più diplomatica di questo mondo, era arrivato ad odiarlo, soprattutto per le sue battutine bastarde. Di quelle che ti sputtanano davanti a tutti, sempre e comunque. Tu fai la parte del coglione, lui del simpaticone.
Fatto stà che Alessandro ci provava con la già citata Claudia.
In tutta sincerità, a Jacopo non interessava che Alessandro ci stesse provando: non era un suo amico, non c’era nessun “codice d’onore” non scritto da rispettare. Quindi si sentiva liberissimo di provarci comunque con Claudia.
Lei, dal canto suo, godeva tremendamente nel sentirsi spartita tra i due contendenti. E giocava con entrambi. Ma i poveri maschietti, succubi del suo fascino, questo non l’avevano capito.
E come non giustificarli! Nonostante Claudia non fosse il tipico donnone con uno stacco di cosce vertiginoso, aveva un fascino che non lasciava scampo. Lo sguardo tipico di chi la sà molto molto lunga. Aveva i capelli castani, il volto dai lineamenti delicati. Un piercing alla lingua che prometteva baci di natura sovrannaturale ogni volta che lei, distratta, ci giocava.

Quando lei finalmente si era stancata di giocare con entrambi, Jacopo l’aveva avuta vinta su Alessandro.
Una sera l’aveva portata a bere qualcosa in uno dei tanti localini del centro. Si erano ubriacati leggermente e tra una risata e l’altra c’era stato quell’attimo di silenzio. Si erano guardati negli occhi, giusto quel momento che serve per tastare le intenzioni dell’altro, e si erano baciati. Tutto era cominciato da là.
Nei sette mesi trascorsi con Claudia aveva vissuto momenti stupendi.
Uscite pomeridiane in vespa, sole e vento in faccia.
Un’intera estate passata tra uscite non-sense con gli amici, sempre mare e sole. E lei sempre presente.
Serate passate in spiaggia, fuoco e chitarra e voci e allegria, e lei sempre presente, lì accanto a lui.
E ancora innumerevoli situazioni.
E ancora fare l’amore.
E ancora e ancora.

Insomma, tutto sembrava andare a meraviglia.
Finchè, una di quelle sere calde di fine estate, il cellulare squillò.
Era Claudia.
«Jacopo ci vediamo stasera..? Ti devo parlare.» aveva detto.
Solo questo.
E il nostro, solo dal fatto che lei l’aveva chiamato col suo nome di battesimo e non con il solito nomignolo affettuoso, si era fatto un’idea molto chiara e molto negativa del discorso che avrebbero affrontato.
Era passato a prenderla in vespa. Lei restava in silenzio mentre lui guidava sicuro.
Lo smarmittio della vespa era un rumore assordante in tutto quel silenzio.
Il nostro già mentre guidava si preparava al peggio.
Ci era passato troppe volte attraverso quel silenzio per non riconoscere la fine quando arrivava. Silenziosa.
Jacopo aveva fermato la vespa ai bordi di una piazzetta tranquilla. Sempre in quel silenzio angosciante si erano diretti verso una panchina anonima, ricoperta di scritte.
Ancora un attimo di silenzio. Poi Claudia prende la parola, inquieta.
«Jacopo…non so come dirtelo…ho una gran confusione in testa…» gli aveva detto lei, evitando di guardarlo negli occhi.
Jacopo restò in silenzio.
“Dev’essere un brutto sogno” pensava, mentre si accendeva un’inevitabile sigaretta.
«Non lo so, non lo so…» disse lei « ho una gran confusione in testa… » ripetè.
«Io con te ci sto benissimo…» continuò lei.
«…però..?» la anticipò Jacopo.
«Però per me questo è un periodo davvero troppo strano…lo sai…l’università è un casino…i miei litigano in continuazione…E’ un periodo davvero di merda. Ho bisogno di una pausa…di stare da sola per ritrovare me stessa…»
“Si, dev’essere per forza un incubo, checcazzo” pensò il nostro, stroncato, la rabbia che dentro attecchiva.
«Ma Claudia…scusa…io sono qui per aiutarti…per sostenerti!». La rabbia cresce.
«No Jacopo, non puoi. È una situazione da cui devo uscire da sola. È finita…mi dispiace…non è colpa tua, sono solo mie paranoie…non è colpa tua…» disse definitiva.
La rabbia era un ringhio sordo che cresceva nella testa, che sentiva spingere sulle pareti del cranio per uscire ed esplodere. Una spinta costante concentrata sulle tempie.
Lui restava in silenzio, mandibole serrate, si concentrava sulle scritte della panchina.
Poi lei si aggravò.
«Jacopo, mi dispiace, davvero. Amici come prima…»
Amici come prima. Amici come prima!! AMICI COME PRIMA???
Le mandibole si serrarono ancora di più.
Lo sguardo assassino passò alla faccia di Claudia.
«Ma che cazzo dici Claudia?? Amici come prima! Ma-che-cazzo-dici?!? Le persone non le puoi trattare così, checcazzo! Siete tutte uguali cazzo..! Tutte uguali!!» ringhiava il nostro.
«Non appena avete le vostre paranoie in testa la prima cosa che viene buttata fuori è lo stronzo di turno, in questo caso IO!»
«Allora la vuoi sapere la verità, eh?» ribadì lei impetuosa e lì lì per scoppiare a piangere «la verità è che c’è un’altra persona e non riesco a togliermela dalla testa! Si chiama Fabrizio e…» stava dicendo tutto d’un fiato, finchè non si accorse dell’espressione a dir poco nazista dipinta sul volto di Jacopo. Proprio un attimo prima che la rabbia esplodesse.
«Non me fotte un cazzo di come si chiama! Sai che ti dico? Che non è neanche colpa sua, perché qua l’unica stronza sei tu! Sai che ti dico?? Fanculo! Io me ne vado! A casa ci torni con Pompinzio, o come cazzo si chiama quel coglione!»
E detto questo si alzò e se ne andò, mentre alle spalle lei ancora lo chiamava ad alta voce.
“Amici come prima…ma che cazzo dici…C’è un'altra persona…ma fanculo!” si ripeteva il nostro mentre si allontanava a passo sempre più deciso verso la vespa, dava uno strappo violento alla leva dell’accensione, e partiva scannando il motore.

La sera stessa era fuori con i fedelissimi. Di nuovo single, di nuovo parte integrante di quella tribù di amici che lo consolava ognuno a modo suo.
L’amico ‘Don Giovanni’: «Eccheccazzo Jacopo!» diceva «non prenderla a male, che tanto la vita da single è più bella, perché sei libero di provarci con chi vuoi! Un colpetto e via..!»
“Si, come no…” pensava il triste romanticone.
L’amico ‘Ponzio Pilato’: «Vabè, si vede che doveva andare così.»
“Bella risposta eh…grazie per l’attenzione”.
L’amico pluri-deluso dalle donne: «La verità è che sono tutte troie. Non si accontentano mai, MAI! Fanculo!»
“Forse c’è chi sta peggio di me…”.
L’amico ‘Freud’, quello che ti complica la vita: «Cerca di capire cosa provi per lei. Analizza tutti i momenti passati con lei, belli e brutti. Immagina la tua vita con lei e senza di lei, e sforzati di capire cosa vuoi adesso…»
“Cosa vuoi adesso?” si domandava Jacopo.
“Ah non lo so!” si rispondeva.
E il suo sguardo vagava, osservando il popolo della notte, che pascolava in un flusso variegato nella via. Tutto un tripudio di bottiglie di birra, bicchieri di vino, una ragazza carina e indifferente, sigarette smezzate e conseguenti spinelli, un’altra ragazza carina ma fighetta da far schifo, un mezzo conoscente che non verrà salutato.
Perso in mille gesti per dimenticare quelli di Claudia: il suo sorriso, il suo abbracciarlo, il suo muoversi nuda per la casa.
Perso in mille sguardi per dimenticarne uno solo.

Nei giorni successivi al distacco si sentiva come un’anima errante et solitaria, destinata a quell’eterno purgatorio che aveva passato fino a quel momento.
Si convinceva sempre più che l’amore è un’illusione tanto stupida quanto chi ci crede.
Chi cazzo glielo faceva fare, ogni volta, ad affezionarsi così tanto ad una persona? E perché continuava a pensare a lei? Perché non riusciva a tenere quell’anonimo distacco tra loro, come faceva lei? Dove avrebbe trovato la forza per ricominciare con un’altra persona, dopo aver provato la sensazione di essere buttato via come un preservativo usato?
Gli ci volle un periodo veramente merdoso per dare una risposta a tutte queste domande.
Lei lo ignorava, presa dalle sue nuovissime situazioni amorose. Lui ogni tanto cedeva alla tentazione di chiamarla. Ogni volta un errore, chiaramente.
Ma si sa, anche quando la ferita è davvero profonda, prima o poi si guarisce. E nel frattempo che le acque lentamente si calmavano, l'estate si era trasformata in autunno e il nostro si era iscritto all’università.
Università in cui l’abbondanza di materia prima da amare è tale che il nostro si innamora dodici volte nell’arco di un solo pomeriggio.
E adesso quelle dodici volte si sono condensate in una sola.
Adesso c’è Aurora.

Continua >> Quinto

giovedì, marzo 16, 2006

Holà! Vi sono mancato?
Mi scuso per l'assenteismo, ma sono stato un tantino perso in personalissime questioni (amorose e non). Adesso sono tutto vostro, e vi propongo immediatamente un bell'argomento di discussione..

Ok. Qui tutti vogliamo cambiare il mondo...ma da dove cominciare..??

martedì, gennaio 31, 2006

Mi chiedo chi sono. Mi chiedo cosa voglio.
Ma non ho nessuna risposta.

Ho bisogno di averti accanto, in questo circo grottesco in cui mi tocca fare tutto.
Sono il presentatore, il domatore di leoni, la scimmietta addestrata, il clown.
Ho bisogno di te.
Sei tutto ciò che voglio, tutto ciò che ho sempre voluto.

Tutte queste persone intorno.
Questa città, con le sue strade e i suoi palazzi.
Tutto queste nuvole strappate e questo sole sprecato.
Tutta questa pioggia e quest'oscurità. Sprecate.
Tutta questa vita intorno non ha senso. E' vuota e opaca.
E' sprecata.
Non ha alcun senso senza di te.

Tutti i miei pensieri.
Sono tuoi e di nessun'altro.
Tutto me stesso.
Sono tuo e di nessun'altro.

lunedì, gennaio 23, 2006

domenica, gennaio 22, 2006

Otto Ohm - Tu sei

E’ già mattino
le stelle vanno via
e com’è triste il ritorno
sento che già mi mancherai
sul mio cuscino
lascerò addosso il tuo odore
per non dimenticare mai
momenti da mille parole
vorrei essere
il tuo pensiero più ricorrente
tra tanta gente
riuscire a sentirmi più vicino a te
ma sono impaziente
stringerti è l’unica cosa che possa colmare l’istante
resto sospeso in attesa che arrivi tu
Tu sei le cose
tra quelle cose
che mi appartengono da sempre eppure resteranno sempre nuove storie
tra quelle cose
che io non ho mai chiesto a nessuno e invece tu me le hai volute proprio regalare
senza parlare
a lume basso si riflettono due ombre che si abbracciano
tra tutte quelle cose già assorbite
a cui ormai non riesco a rinunciare
le ho metabolizzate in fondo al mio destino
Piccole solitudini
che si assomigliano
si fondono in questo spazio
che sembra l’unico
disposto a fare finta
di non guardare
di non guardare
l’abbraccio che soltanto io ti posso dare
cerco tra tante
l’intensità del tuo sguardo
che accende in me mille parole
non basterebbero a descriverti
per me tu sei
un lampo che ti attraversa di cui non sentirai dolore
è quasi dolce come prenderti
Tu sei le cose
tra quelle cose
che mi appartengono da sempre eppure resteranno sempre nuove storie
tra quelle cose
che io non ho mai chiesto a nessuno e invece tu me le hai volute proprio regalare
senza parlare
a lume basso si riflettono due ombre che si abbracciano
tra tutte quelle cose già assorbite
a cui ormai
non riesco a rinunciare
le ho metabolizzate in fondo al mio destino
tra quelle cose
che rispecchiano i miei desideri e allora vanno conquistati
si tu sei tra quelle cose
il mio presente, il mio passato
sembra che ti abbia conosciuta chissà quando
tu sei quelle cose
e a pensarci
veramenteti viene un po’ da ridere
tu sei quelle cose...
tu sei quelle cose...

giovedì, gennaio 19, 2006

Cinque Strane Abitudini

REGOLAMENTO
Il prescelto di questo gioco posta sul suo blog un messaggio con il titolo “Cinque Strane Abitudini", descrivendole di seguito.
Alla fine del post deve scegliere cinque nuove persone da indicare per il gioco e linkare il loro blog o web journal. Non dimenticate di lasciare un commento nei loro blog o journal dicendogli che sono stati "scelti" e di venire a leggere il vostro blog per saperne di più.
Le persone che vengono invitate a scrivere un messaggio sul loro blog a proposito delle loro strane abitudini devono anche indicare chiaramente questo regolamento.

Ma adesso passiamo alle mie strane abitudini..!
1) Quando scrivo la mia "musa ispiratrice" è legata fondamentalmente a tre emozioni: la rabbia, la completa solitudine, e lo skazzamento da forme di noia sempre nuove. Riesco a scrivere qualcosa di sensato solo in presenza di almeno una tra queste condizioni. Se poi ci sono tutte, meglio ancora (si fa per dire).
2) Mi dicono che quando incontro una ragazza che mi piace, mentre ci parlo assumo un'espressione ebete. Più che una strana abitudine sarà un riflesso incondizionato, perchè io di certo non ci faccio caso..!
3) Detesto il freddo. Qui in sicilia non abbiamo il super-freddo tipico del nord, ma la temperatura relativamente più calda ci ha abituato a serate più nomadi, senza fermarci più di tanto al caldo nei locali, ma girandoli un po' tutti, vagando per il centro. Ma anche qui in inverno fà freddo. A volte ho così tanto freddo che per non ibernarmi esco con il pigiama sotto i jeans.
4) Sul comodino accanto al letto tengo quasi sempre un libro già letto che mi ha colpito, una sorta di bibbia rieletta periodicamente, a cui ogni tanto dò delle letture veloci. “Fight Club” c’è rimasto per un bel po’. Adesso c’è “Lennon Guevara Bugatti” di Enrico Brizzi.
5) Quando sono teso oppure molto molto incazzato (ma ironicamente incazzato) sparo delle battute davvero sagaci e maledico il mondo in modi così intelligenti che stupiscono anche me.

I miei blogger scelti sono: Tonyz di "Wait 4 sleep", Franky di "momenti nascosti", il fantasioso Vincenzo, l'amico Peppe di "sensazioni discordanti" e la vecchia amica SexyOverSize!

mercoledì, gennaio 11, 2006

Vita d'altri / Terzo

Quella mattina Jacopo si svegliò presto.
“Strano” pensò, “sono solo le dieci e non ho più sonno…”.
Poi realizzò il perché di quel risveglio anticonformista. Pensava a quel pomeriggio, all’appuntamento con la ragazza spettacolare, Aurora.
Come avevano deciso, quel pomeriggio si sarebbero visti in facoltà per scambiarsi gli appunti di storia contemporanea.
D’altronde lei non aveva gli appunti. Mica poteva negarglieli. E che cazzo, proprio no.
Il problema di fondo però è che neanche lui li aveva. E fu Martino a salvargli il culo: li procurò da una sua amica che aveva già dato la materia.
Mica era ripetente e ventiduenne come Jacopo, lei. Aveva studiato, lei.
Il nostro, avuti gli appunti, passò addirittura l’intera mattinata a leggerli e ricopiarli, perché ad Aurora aveva detto che erano i suoi appunti. Che cazzo di figura ci avrebbe fatto se non sapeva neanche cosa aveva scritto..?
Povero Jacopo. Cercate di capirlo.
Nel vocabolario della sua mente cercando ‘innamorato’ potete leggere: puoi definirti ‘innamorato’ quando tutte le risorse mentali disponibili vengono monopolizzate da un unico pensiero di carattere femmineo, costringendoti a mettere in secondo piano il resto della tua vita. Vedi la voce ‘patetico’.
Talmente patetico che quasi un’ora prima dell’appuntamento era già in aula studio a fare palesemente finta di studiare, guardandosi intorno speranzoso ogni trenta secondi circa.
Finchè, passato qualche lungo minuto dopo le quattro, non la vide arrivare da lontano, facendo un cenno con la mano. Sorrideva.
La accolse con un’espressione ebete a dir poco unica.
Innamorato..? No, no. Patetico.
Si salutarono, baci sulle guance: una liscia e morbida, l’altra ruvida e spigolosa.
Si scambiarono gli appunti, e colti dal richiamo della nicotina, uscirono in uno dei cortiletti della facoltà.
Il cortile in questione era una vera e propria oasi di pace. Lì, tra gli alberi ombrosi, il tempo pareva fermarsi, i problemi svanire.
Potevi startene in pace per i cazzacci tuoi, senza che nessuno venisse a disturbare il flusso dei tuoi pensieri.
A parte chi veniva a cercarti una cartina.
Immaginate com'è stare in questo posto stupendo con una ragazza stupenda. Ne può uscire solo qualcosa di unico e meraviglioso..! Al nostro Jacopo sembrava di non aver mai parlato tanto con una ragazza.
Avevano affrontato gli argomenti più disparatati. Avevano parlato di così tante cose che non riusciva a ricordarle tutte.
Cominciarono dalle solite cose che si dicono per rompere il ghiaccio: l’università, l’esperienza della scuola superiore, gli amici, le uscite alcoliche per vicoli e locali del venerdì sera.
Poi erano passati alla musica, argomento molto importante per il nostro, che con somma gioia e gaudio aveva scoperto che non era una fan di Laura Pausini. Tutt’altro. La ragazza aveva una cultura musicale piena zeppa di chitarre distorte.
Decisamente meritevole della sua approvazione.
Quando ormai entrambi si erano tranquillizzati un po’, erano arrivati alle esperienze sentimentali passate e presenti: e qui si giocava il tutto per tutto.
Se lei aveva il classico e immancabile ex ragazzo che la perseguitava, Jacopo sarebbe stato costretto a minacciarlo.
Cazzo se c’è una cosa che odia sono gli ex.
I metodi nazisti, ci vogliono con gli ex.
Se invece aveva altri ragazzi che le andavano dietro la cosa si poteva superare.
Ma se lei in prima persona stravedeva per qualcuno…allora finiva lì. Sarebbe stato come sbattere la testa su un muro di cemento. E perdipiù, lei avrebbe iniziato a raccontargli di questo tipo che le piaceva e sarebbe capitata la cosa più orribile che può capitare a chi ci prova con una ragazza che stravede per qualcun’altro: diventare il confidente.
Jacopo rabbrividiva all’idea.
In un strano miscuglio di malinconia e allegria, rabbia e noncuranza, lei si aprì a lui, raccontandogli delle sue esperienze passate. Dei ragazzi che l’avevano amata, ma non del tutto. Dei ragazzi che l’avevano fatta soffrire, ma anche sorridere. Di quelli che lei aveva amato. O almeno così credeva in quel momento.
Sembrava non avere rimpianti, beata lei.
Niente ex invadenti. Jacopo stentava a crederci.
Niente ragazzi che le andavano dietro. Solo la consapevolezza di piacere, senza la presunzione di costruirci sopra un ego mostruoso.
E poi lei aveva quel modo di guardarlo, quello sguardo azzurro puntato su di lui, sui suoi occhi, con rapide occhiate alla sua bocca quando parlava, che in tutta onestà gli faceva sperare di essere lui quel ragazzo per cui lei stravedeva.
Quello sguardo azzurro gli faceva cullare la speranza che non sarebbe mai diventato il suo confidente. Ma forse, un giorno, il suo ex invadente che di certo qualcun altro avrebbe odiato.

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