domenica, ottobre 30, 2005

Chiamatela confusione, riflessione, crisi d'identità. Fatto sta che non sò più chi sono.
O meglio chi voglio essere.
Mi sento come in bilico tra il mio vecchio mondo, che piano piano ho abbandonato e adesso rinnego non sentendolo più mio, ed un nuovo mondo che mi spaventa e allo stesso momento mi affascina, a cui mi abituo ogni giorno di più, anche se spesso mi fa sorgere dubbi atroci.
Io sono sempre stato contro "l'omologazione", ho sempre voluto essere unico e pensare con la mia testolina di cazzo...e adesso mi trovo in una situazione in cui dovrei annullare -almeno in parte- questo lato del mio carattere per piacere agli altri.
Ne vale la pena per entrare pienamente nella situazione e viverla a pieno?
O è meglio viverla ai margini, solo da osservatore, come ho fatto fin'ora?

Comunque credo sia inutile domandarmi se sia giusto o no giocare a fare il duro...tanto lo so di che "pasta" sono fatto...una pasticca che non vedi e non ingoi e che sicuramente conosci anche tu.
Nel giro la chiamano "paura".

mercoledì, ottobre 26, 2005

Vita d'altri / Secondo

Sette del mattino. Una mattina qualunque di un martedì qualunque. Una sveglia qualunque comincia a suonare, in una stanza lontana. Una stanza qualunque, in quell’appartamento da universitari.
Con un immenso sforzo, prima un occhio, poi un altro, si aprono.
E Jacopo si stiracchia, si stroppiccia gli occhi, osserva il tetto sopra di lui e comincia a cantare, tutto storto e con la voce rauca di chi si è appena svegliato e fuma venti sigarette al giorno. (So meiibiiiii tumorrou…Ai faind mai weeeeeeeehii…)
«Pessima esibizione» dice Jacopo, prima ancora di rendersi conto che la prima cosa che ha fatto stamattina è cantare. Quando lo capisce ride da solo come un coglione.
Se non altro la giornata è cominciata ridendo e lui ci fà caso a queste stronzate.
Ulteriore sforzo, e come una scimmia addestrata si alza dal letto e meccanicamente và in cucina. Prende tazza e cucchiaio. Latte e cereali. Stessa procedura da una vita.
La colazione dei campioni.
Pulisce lo schifo che ha lasciato sul tavolo, che non c’è la mamma a farlo, e si prepara un caffè. Si accende una paglia dal fornello e si siede a fumare sul divano, un campo minato di bruciature di sigarette.
Poi, passi strascicanti.
«Ho sentito odore di caffè. Ma che cazzo ci fai TU in piedi a quest’ora?»
Questo è Martino, coinquilino nonché grande amico del nostro.
«Ho lezione…» risponde Jacopo, e sbadiglia.
«Ok divertiti. Io me ne torno a letto…» risponde Martino. E Sbadiglia.
Detto questo si gira e scompare oltre lo stipite della porta. Non lo rivedremo fino all’orario di pranzo ovviamente.
L’aroma di caffè invade la cucina e la caffettiera borbotta come a voler dire “mi sto bruciando le chiappe, forse è ora di spegnere sto’ fuoco no?”.
Zucchero abbondante, tazzina bella piena che sennò col cazzo che si segue la lezione, ultimi due tiri alla prima paglia della giornata e si ricomincia.
Jacopo si veste in fretta, mette il necessario nella borsa a tracolla che si porta dietro anche al gabinetto ed esce chiudendosi alle spalle la porta di casa.
L’androne dell’edificio in centro dove abita rimbomba dello smarmittio della vespa, e Jacopo esce dal portoncino verde e imbocca la strada verso la facoltà.
Prima, seconda e così via tra smarmittate varie.
Una pallosissima lezione di storia contemporanea lo attende, come un oscuro presagio all’orizzonte.
E se vi state chiedendo perché uno come Jacopo si alza alle sette del mattino per seguirla, bisogna precisare che quella stronza della prof se n’era uscita con la storia delle firme.
Ovvero: se non firmi vuol dire che non hai seguito la lezione.
Se non hai seguito la lezione non puoi fare l’esame.
Fottuto.
Guidando verso la facoltà l’aria fresca lo colpisce al viso e il sole in alto dribbla le nuvole, splendendo insistente sui Ray-Ban che nascondono due occhi rossi e assonnati, reduci di un lunedì piuttosto alcolico coi tre amici di sempre.
A che ora erano crollati? Le tre..? Le quattro…? Non lo ricorda proprio.
L’ultima immagine lucida che ha della sera prima è di loro quattro sbracati sul divano in cucina, poi del suo cuscino quando era ormai cotto.
Ennesimo giro di rum, ennesimo giro di succo di pera e…improvvisamente il divano sembrava così morbido, così stupendamente morbido come non lo era mai stato…
E hop, un bel carpiato! Dritto dritto a ronfare tra le calde e accoglienti braccia di Morfeo!
Che a volerla dire tutta..anche lui doveva per forza essere un po’ di fuori..altrimenti chi glielo avrebbe fatto fare ad accudire quei quattro..? Barbuti, fetidi di alcool e sigarette e per di più sbronzi da far schifo!
“Si, doveva per forza essere di fuori anche lui, il vecchio Morfeo” pensa Jacopo.
Immaginate quindi la faccia di uno che gira in vespa alle sette e mezzo del mattino e fa questi pensieri su Morfeo e tutte queste altre cose strane. E’ chiaro: uno così, abituato com'è a svegliarsi sempre dopo mezzogiorno, stamattina ha proprio accusato il colpo.
Uno così oggi non può proprio concludere niente di buono, direte voi.
Non so, sarà stato il suo giorno fortunato.

Quando arriva in facoltà tutte le ragazze che incrocia lo guardano a lungo.
“Cazzo, sarà il fascino un po’ devastato alla Jim Morrison..!” si dice tra sé e sé.
In realtà per le ragazze era solo una faccia nuova, uno che non si vedeva quasi mai in facoltà alle otto del mattino. Ma lui non lo sa, e forte di quegli sguardi, raddrizza la schiena e alza il mento.
Si sente splendido e sorride. Sorridendo la giornata gli sorride in una spirale di positività.
“Jim Morrison”, pensa. “Jim Morrison”.
Si, come no.
Meno male che sono già le otto e la lezione sta per cominciare, altrimenti chissà a cosa sarebbe arrivato il nostro Jim Morrison. Chissà quanto sarebbe durata quella sfilata.
E così, Ray-Ban ancora calati sugli occhi, scazzatissimo al pensiero delle due ore di lezione che lo aspettano, Jacopo entra in aula e viene fulminato. Così, su due piedi.
Lei è bellissima. Capelli lisci e bruni. Pelle scura e levigata, come un abbronzatura uniforme.
Quel naso così perfetto, quelle labbra che immagina così morbide e dolci. Verrebbe voglia di dormirci sopra. O di morderle.
E’ incantevole, persa com’è nel suo quaderno di appunti.
Com’è che non l’aveva vista nelle due lezioni precendenti?
“Incredibile” ripete tra sé mentre si avvicina per sedersi quanto più vicino possibile a lei.
Alla destra della ragazza spettacolare è seduta un'altra ragazza. Sembra che non si conoscano.
Lui dà fastidio ad un intera fila di persone per sedersi alla sua sinistra. Adesso solo un posto vuoto li divide. E per evitare complicazioni, il posto viene occupato dalla borsa di Jacopo.
Lei alza per un millesimo di secondo lo sguardo dal quaderno dove sta scrivendo e lo guarda coi suoi occhi azzurrissimi bordati del nero della matita che accentua i lineamenti da…gatta. Si, gli ricorda proprio una gatta.
“Ha gli occhi azzurri!! Cristo ha gli occhi azzurri!!!” comincia a urlare una voce nel cranio di Jacopo.
Può uccidere per gli occhi azzurri. Può morire per un paio di occhi azzurri.
E’ già mezzo sconvolto. Ma adesso deve parlarci. Deve sapere se lei è una di quelle rare persone che infrangono una delle leggi su cui, secondo lui, si basa l’intera esistenza umana: se curi il corpo non curi la mente. E viceversa.
Si, lei è bellissima, ma chi gli assicura che non è una di quelle ragazze strafatte di narcisismo e vanità al punto di non pensare ad altro?
Chi gli assicura che non è vuota e priva di significati, senza niente da dire, senza niente da dare?
Cazzo, chi gli assicura che non è una fan di Laura Pausini??
Deve parlarci! Deve sapere!! Una così non può proprio lasciarsela sfuggire.
Mentre Jacopo è perso in queste riflessioni astrattissime, la professoressa entra in aula.
La lezione comincia, ma l’attenzione del nostro è totalmente volta a lei, la ragazza spettacolare.
Lei eclissa tutto il resto: le parole al microfono diventano una nenia senza senso; le persone intorno a lui perdono importanza e si trasformano, fino a diventare sagome di cartone disegnate rozzamente, i lineamenti abbozzati come nel disegno di un bambino.
Jacopo ne scruta di nascosto ogni movimento. Il guizzo rapido degli occhi dalla prof al quaderno, il lento movimento delle mani e delle dita affusolate quando lei si accarezza lentamente il collo scoperto.
Poi una voce stridula.
«Eeeeh…se quel signore laggiù si toglie gli occhiali e ritorna tra noi umili mortali, gliene saremmo tutti grati…! Graaaazzieee…»
La prof. Simpatica come la bomba atomica su Hiroshima.
Adesso tutta l’aula lo guarda e ridacchia mentre lui si toglie gli occhiali. Aveva dimenticato di averli ancora sul naso.
Anche lei lo sta guardando: fa un timido sorriso appena accennato, ricambiato da Jacopo che alza le spalle. Poi torna a concentrare l’attenzione sul suo amato quaderno, con quel sorriso da Gioconda dipinto sulle labbra.

Un’ora passa in fretta e la tanto agognata pausa arriva.
Di nuovo la voce stridula taglia l’aria da parte a parte dell’aula.
«Eeeeh ragazziii…solo cinque minuti che poi dobbiamo completare! Graaazzieee…».
Giusto il tempo di una paglia. E fanculo a quella rompiballe e ai suoi grazzie.
L’orda dei fumatori si alza all’unisono per uscire dall’aula.
Anche la ragazza spettacolare si alza con una paglia già in bocca. Jacopo quasi tira un sospiro di sollievo. Solitamente lo mette in imbarazzo avere a che fare -leggi “provarci”- con chi non fuma. Ne escono fuori sempre le solite paranoie, della serie “Fa male! Perché lo fai? Poi ti puzza anche l’alito!”. E quindi…
Uscendo Jacopo mette nuovamente gli occhiali da sole e la prof lo guarda di sbieco scuotendo la testa. Lui risponde con un sorriso sghembo da cui pende una paglia.
“La scusa degli appunti, vai con la scusa degli appunti..!! Cazzo la scusa degli appunti non sbaglia mai! Non si negano gli appunti ad un poveraccio come me!!” pensa Jacopo.
Che poi lui non ce li ha davvero gli appunti, e in fondo un giorno gli sarebbero tornati utili. Un giorno molto lontano però.
Accorto come una faina si piazza di fronte a lei. A testa in giù dà fuoco alla paglia.
Alza lo sguardo verso di lei e dice semplicemente:
«Che palle sta lezione…»
«Veramente..! Alle otto poi…» dice lei.
“Mi ha risposto!! CAZZO MI HA RISPOSTO!!! Dì qualcosa presto! Dì una cazzata qualunque, DILLAAAH!!” urla la solita voce nel cranio di Jacopo.
«Poi lei non la sopporto…con quella vocina stridula…» ecco, l’ha detta.
E lei ride. Per la prima volta sente quella risata così genuina e semplice.
«Hai ragione! Anche se questa è la prima lezione che seguo» risponde lei.
E nella testa di Jacopo scatta un molla: se questa è la prima lezione che segue lei non può avere appunti. E’ inutile chiederglieli…però può sempre passarle i suoi..!
E prima di rendersi conto che lui non ha alcun appunto, decide che sarà così che la rivedrà.
«Senti ma…quindi tu ad appunti come sei messa?» chiede la nostra faina, conoscendo già la risposta.
«Beh, ho solo quelli di oggi…le lezioni passate non le ho seguite.» risponde lei.
E brava la nostra ragazza che cazzeggia!
«Io invece oggi non ho scritto un cazzo..! Senti, facciamo così: io ti passo gli appunti delle lezioni che non hai seguito e tu quelli di oggi. Che ne dici?» ecco fatto, la trappola è armata.
«Per me va benissimo…non sapevo dove prenderli!» risponde lei.
La trappola è scattata, e una risata degna di Satana riecheggia nella testa di Jacopo.
«Perfetto! Allora facciamo che ci vediamo domani pomeriggio, diciamo per le quattro, in aula studio?» dice il nostro.
«Per me va bene..! Sei sicuro che non ti secca venire apposta per gli appunti?» dice lei con un’espressione quasi commovente.
«Nooo! Figurati! Tanto domani dovevo comunque venire in facoltà!»
Oscar per l’interpretazione..! Non è vero per niente e lo sai.
«Ok, allora se per te non è un problema ci vediamo domani…!» dice lei sorridendo.
«Certo! Ah…comunque io mi chiamo Jacopo» dice e le stringe la mano sorridendo dal profondo.
«Già vero..!» dice lei, ricambiando delicatamente la stretta di mano.
«Aurora, piacere!»
“Aurora, si chiama Aurora” si ripete il nostro. Troppe volte ha dimenticato un nome nel momento stesso in cui veniva pronunciato.
Rientrano insieme in aula. Lui comincia da subito a fare il buffone: piccole battutine sulla professoressa e sulle cose che dice. Lei ride di soppiatto, portandosi una mano davanti al viso per non farsi vedere dalla prof.
Dopo un’ora, a Jacopo sembrava che il tempo non fosse mai passato così velocemente.
Una volta fuori dall’aula non resta che salutarla. Baci sulle guance e a domani.
Se ne va sorridendo e ad ogni passo il sorriso si allarga sempre più.
Sulla strada verso casa, la vespa si guida praticamente da sola. Il nostro ha una paresi facciale: ride a cinquantacinque denti.
Sale le scale di casa a multipli di tre ed entra in casa tutto elettrico.
Si fionda nella camera di Martino, che ancora dorme. Apre la persiana di colpo e si siede sul letto, accanto a Martino ancora catatonico.
«Ma che cazzo fai? Che è successo..?» chiede Martino con la luce del mattino sparata in faccia.
«Martino…mi servono immediatamente gli appunti di storia contemporanea!» risponde Jacopo tutto pimpante.
Ecco. Già lo sapevo. Non cambierà mai.

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mercoledì, ottobre 19, 2005

I figli di mezzo della storia

Ti diplomi al Marconi. Istituto Tecnico Industriale lo chiamano.
Ci entri pieno di belle speranze, "voglio diventare un programmatore" ti dici, quando ancora hai solo quattordici stupidi anni.
Ci entri con la voglia di fare ed imparare. E poi ti fanno passare la voglia. Dopo cinque anni sei cambiato. Ti hanno costretto a cambiare.
Sono passati cinque anni, e dopo tutto quell'inferno ti dici "e ora? ora che cazzo faccio?".
E ti iscrivi all'università. "La fabbrica degli illusi" la chiamano.
Sei di nuovo pieno di belle speranze, probabilmente sempre le stesse rimesse a nuovo, ma comunque un po' ammaccate.
E alla fine sei solo più confuso di prima.
Poi una mattina ti chiamano quelli delle poste. Dicono che hanno avuto il numero dall'Istituto Tecnico Industriale Marconi.
Ti chiedono se vuoi fare il portalettere.
Hai studiato informatica per cinque anni e loro ti propongono di fare il portalettere.
Che cazzo di generazione è la mia? Che prospettive abbiamo? Quanti altri sogni dovranno distruggerci? Quante altre speranze?
Potremmo essere i migliori. Dovremmo essere incazzati come lupi. E invece siamo quelli che danno il resto nei supermercati, calmi come vacche indù. Siamo quelli sottopagati e anche un po' sfruttati, "perchè bisogna fare gavetta" ti dicono.
Siamo quelli dei Call Center per dieci fottuti euro.
Siamo i portalettere.

giovedì, ottobre 13, 2005

La vita è fatta di illusioni, false speranze e rabbia.
In quest'ordine.
Poi Nient'altro.
Fanculo.

martedì, ottobre 11, 2005

In pieno Rock 'n' Roll

La musica ti gira dentro le vene
che ognuno a suo modo è un tossico vero
di pere d'affetto di sogni di sesso o di idee
sei tossico sempre di cose che non sono tue
La radio ti passa un po' di metadone
qualcosa nascosto in qualche canzone
canzoni che sanno chi sei molto meglio di te
Gli accordi migliori rimangono sempre quei tre
In pieno rock'n'roll
scusami se è poco
in pieno rock'n'roll
suona un po' cosi
suona un po' antico
in pieno rock'n'roll
Ci sono gli spacciati e gli spacciatori
le facce da culo gli illusi e i migliori
i furbi di sempre e qualcuno che ci credeva
manuali su come salvarsi la pelle in fa
in pieno rock'n'roll
scusami se è poco
in pieno rock'n'roll
suona un po' cosi suona un po' antico
in pieno rock'n'roll
Qua attorno c'è poco o forse c'è tutto
o forse è la vita in sala d'aspetto
c'è sempre qualcuno che vomita l'anima
c'è musica vecchia che non ci ha stancato
sarà che il passato ce l'hanno prestato
qualcuno che dice che non l'han cagato mai
può essere sabato solo quando lo vuoi
può essere sabato solo quando lo vuoi
la musica fa sempre il proprio dovere
la prendi un momento si lascia trombare
poi va con un altro e tu non si sa con chi vai
però te la godi pensando che ci tornerai
in pieno rock'n'roll
scusami se è poco
in pieno rock'n'roll
suona un po cosi
suona un po antico
in pieno rock'n'roll...

lunedì, ottobre 10, 2005

Vita d'altri / Primo

Jacopo scende dalla vespa, si toglie il casco e si guarda nello specchietto retrovisore.
Si dà una sistemata ai capelli, ricci, castani e sempre più indomabili.
Poi si scruta con aria esaminatrice, guardandosi negli occhi nocciola che ricambiano lo sguardo, mentre si passa una mano sulle guance ruvide per la barba un po’ incolta.
Sistematina rapida alla giacca di velluto e alla sciarpona avvolta al collo. Ultimo sguardo nello specchietto della vespa.
Sembra tutto al suo posto.
Sembra.
“Sei teso” pensa sotto quell’agglomerato di ricci.
“Non devi essere teso. Le donne se ne accorgono quando sei teso.”
“Devi rimanere calmo” si dice mentre una mano già corre a nascondersi nella borsa che Jacopo porta a tracolla.
(La mano vagò nel buio senza trovare quello che cercava. Dopo un brevissimo attimo di panico le dita tastarono la forma rassicurante del pacchetto di sigarette e convulse lo afferrarono.)
Jacopo tira fuori le paglie dalla borsa e ne prende una. Ne restano altre quattro.
Solo altre quattro solitarie paglie.
“Quanta bontà” pensa, mentre la mano ricompie il viaggio al contrario fino al buio della borsa e abbandona il pacchetto al suo oscuro destino.
L’altra mano stà già cercando l’accendino in una delle tasche e finalmente la fiamma brilla, riparata da una mano amorevole. Bacia la punta della paglia e illumina brevemente il volto di Jacopo, i suoi lineamenti marcati e gli occhi socchiusi.
Al primo lungo tiro, la prima dose ansiolitica di nicotina lo invade.
“Nicotina ti amo” pensa. “Sono il tuo schiavo.”
Ma al secondo tiro, mentre la seconda dose di nicotina si mette in circolo, la paglia è già fuori dai suoi pensieri, un tutt’uno tra indice e medio.
Stà già pensando ad altro. Si sta chiedendo il perché adesso si trova sotto casa di una quasi sconosciuta, tutto teso e col cuore in subbuglio.
E ripensa ai giorni precedenti...

sabato, ottobre 08, 2005

Vi è mai capitato di immaginare la vostra morte?
A me a volte capita, mentre guido il motorino. Immagino incidenti catastrofici, poi me steso sull’asfalto. L’anima che guarda il corpo.
Poi immagino i miei amici, i miei parenti e tutti quelli che mi conoscono. Immagino la loro sofferenza e le loro lacrime e cerco di stilare una specie di “Hit Parade” della sofferenza: chi piangerà di più? A chi mancherò davvero? Come reagirà questo o quello..?
Poi immagino la faccia delle persone che magari mi conoscono solo di vista, quando qualcuno riferisce loro l’accaduto…scuotono la testa e hop faccia triste di circostanza.
Non so se è normale sta cosa…

venerdì, ottobre 07, 2005

Rabbia di sottofondo

Ogni giorno sperimento sulla pelle sentimenti diversi.
Ultimamente quello preponderante è la rabbia.
Più mi guardo in giro, in questa città di merda, e più mi rendo conto che è marcia e perduta.
Più mi guardo in giro e più vedo persone inutili e vuote, che fanno della lite e del sopruso l'unica ragione di vita.
Queste persone hanno strane ragioni per uscire di casa: dare fastidio agli altri, cercare la lite, derubare, spacciare.
Sono forti del gruppo. Sono convinti di essere al sicuro perchè conoscono questo e quello.
E la passano liscia.
Questo è quello che mi fa rabbia. Non puoi metterti contro gli "intoccabili". Devi abbassare la testa, oppure essere più folle e più bastardo di loro.
Ma se vieni cresciuto da una famiglia per bene è finita.
Sei fottuto.

Io avrei voluto nascere alto 2 metri e con ogni braccio tipo trave di ferro.
Così al primo stronzetto ke sgarra gli facevi passare una brutta mezz'ora. Di quella che ci ripensa ogni giorno per i sei mesi che passerà in ospedale con le ossa rotte.

mercoledì, ottobre 05, 2005

Tutto quello che amo scompare...

Giorni strani per il nostro.
Aveva l'impressione che tutto quello che lo circondava fosse destinato a perdersi e a svanire come se non fosse mai esistito.
Si chiedeva ancora una volta che senso avesse costruire qualcosa se alla fine sarebbe comunque andato in disfacimento. Chi cazzo glielo faceva fare dopotutto..?
Giorni fatti di silenzi e di sguardi e di false risate. Giorni in cui neanche le persone che considerava in un certo senso i "pilastri" della sua vita erano capaci di stargli vicino e di ascoltarlo. Non capiva se perchè troppo presi dai loro cazzi o perchè non gliene fotesse poi più di tanto.
Sperava solo che quel periodo passasse in fretta e che tutto tornasse come prima, anzi meglio. Perchè iniziava già ad averne i coglioni pieni di tutto quello schifo e di quell'inutile inutilità.
Non è così che immaginava i suoi vent'anni.
Decisamente NO...